Learning from Perugia

A Perugia in questi giorni si parla di nuovo di mobilità. Un po’ perché c’è la European mobility week, un po’ perché, forse, si è nel vivo della redazione del nuovo Piano urbano della mobilità sostenibile.

Pubblico una serie di contributi su questo tema dai quali emerge con chiarezza la mia assoluta sfiducia nei confronti dei provvedimenti che prenderà l’Amministrazione e il gruppo di tecnici che sta redigendo il PUMS (che per altro è lo stesso che aveva redatto il precedente PUM nel 2008 e su cui pubblicherò uil prossimo post). Il primo contributo è la sintesi di un mio intervento a Berlino nel 2014 presso il Wüstenrot Stiftung et Deutsch-Französisches Institut poi pubblicato nel 2015 nel bollettino dell’istituto con il titolo Apprendre de Pérouse in un volume dal titolo Stratégies pour un développement urbain durable en France et en Allemagne, a cura di Wüstenrot Stiftung et Deutsch-Französisches Institut.

Per chi conosce il francese questo era l’introduzione al mio intervento a Berlino:

Lorsque Learning from Las Vegas (R. Venturi, D. Scott Brown, S. Izenour) a été publié en 1972, la publication a provoqué un scandale : que peut-on jamais apprendre de Las Vegas, la capitale du vice, aussi connue comme « Sin City » ? Cette étude est paradigmatique parce que les auteurs ont eu le courage de regarder à l’échelle urbaine les contradictions du capitalisme triomphant, en jetant la lumière sur les transformations les plus éclatantes des villes occidentales contemporaines, même des vieilles villes européennes : l’étalement urbain, l’utilisation de la voiture de masse, le junkspace, le fast food, le centre commercial  etc. L’étude de la ville et de ses transformations, comme l’échange d’expériences entre les techniciens et les administrateurs, ne peut être limitée à une collection édifiante de réussites. Elles sont très utiles à des fins didactiques et de « motivation », mais ont souvent la tendance à limiter la perspective et à adoucir la réalité. Lorsque le champ d’observation ou bien d’intervention est la ville, l’évaluation ne peut être par définition que temporaire, multiple et controverse.

La mia non è sfiducia nelle persone ma nelle idee e nei metodi che vanno oltre la singola maggioranza e la singola consiliatura, come cerco di spiegare nel testo sotto. Non mi sembra di aver percepito in questi ultimi anni nessun momento di riflessione critica su una stagione del nostro recente passato che per anni invece è stata un fiore all’occhiello della nostra città, quasi a costituire un modello. Nel 2013 ricorrevano trenta anni dall’inaugurazione delle Scale mobili della Rocca Paolina e nessuno si è preso la briga né di organizzare una piccola celebrazione né di fare il punto della situazione.

Ecco quello che ho fatto io. Secondo me, è ancora attuale.

Learning from Perugia: una riflessione su 30 anni di mobilità alternativa

 La prima stagione della mobilità alternativa di Perugia

Ancora alla fine degli anni ’70 del secolo scorso, la città di Perugia è al crocevia di una rete di strade radiali che dal territorio circostante si dirigono verso il centro storico. L’abitato, anche quello realizzato nel recente passato, è arroccato sulle alture dove la città è stata fondata in epoca etrusca. L’auto come mezzo di trasporto di massa sottopone le strade e le piazze della città ad un intenso traffico automobilistico, eccessivo e sproporzionato rispetto alle dimensioni della rete stradale, in larga parte ancora quella ereditata dall’antichità. Nel tentativo di risolvere il problema della congestione automobilistica e garantire piena accessibilità al centro storico della città, l’amministrazione comunale dell’epoca adotta una strategia d’azione articolata in tre misure d’intervento integrate tra loro:

  1. limitare e regolamentare l’accesso dell’auto nelle zone centrali (pedonalizzazioni, Zona a Traffico Limitato e tariffazione della sosta);
  2. realizzare parcheggi al margine dell’antica cinta muraria, collegati a percorsi meccanizzati di risalita al centro storico;
  3. promuovere l’uso del mezzo pubblico, aumentandone drasticamente l’offerta.

Le limitazioni all’accesso delle automobili sottraggono immediatamente il centro storico da un traffico incompatibile con la propria conformazione e permettono la creazione di un’estesa area pedonale. Il principale corso della città si riempie nuovamente di persone che passeggiano, fanno acquisti, si siedono di fronte a bar e ristoranti…mentre le automobili sono parcheggiate al di fuori della cinta muraria. Nel 1983 viene messa in servizio la prima scala mobile in uso pubblico che collega il parcheggio di Santa Giuliana a Piazza Italia. Il percorso attraversa l’antica Rocca Paolina, lungo il tracciato dell’antica Via Bagliona, la strada sepolta 500 anni prima dalla costruzione dell’antica fortezza papale. L’intervento è notevole, anche dal punto di vista architettonico, diventando rapidamente l’emblema di un nuovo modo per accedere al centro storico e la rappresentazione tangibile di una nuova e rinnovata identità urbana. Negli anni seguono altri interventi simili: le scale mobili che collegano il parcheggio di Via Pompeo Pellini a Via dei Priori, quelle che da Piazzale Europa collegano Corso Cavour e il doppio ascensore delle “Conce”. Gli autobus invece non riescono a diventare un’alternativa credibile all’automobile se non per quella parte di cittadini, sempre più piccola, che l’automobile o non la usa o non la possiede. Neanche la tariffazione della sosta, introdotta per spingere ad abbandonare l’auto ed utilizzare il mezzo pubblico, è in grado di raggiungere questo obiettivo.

La mano destra (non) sa cosa fa la sinistra

Mentre si afferma la stagione della cosiddetta “mobilità alternativa”, così è chiamato a Perugia quel processo di trasformazione della mobilità urbana che abbiamo appena descritto, si rafforza una strategia d’azione di segno diverso. La congestione automobilistica del centro storico ed la sua presunta (o reale?) inaccessibilità, viene contrastata attraverso il riposizionamento in periferia di tutte le attività e le funzioni allora dentro le mura, a cominciare dalle attività direzionali ed amministrative pubbliche. Siamo sempre alla metà degli anni ottanta, e la sede dell’amministrazione regionale viene collocata in un’area industriale dismessa, a ridosso della stazione ferroviaria che, vista l’orografia perugina, è ovviamente lontana dal centro della città. La grande parte delle principali attività direzionali cittadine, sia pubbliche che private, perseguono la stessa logica insediativa. Di fatto, ogni volta che è necessario realizzare una nuova sede o ampliare quella esistente, per qualunque funzione, la scelta è sempre quella di realizzare un nuovo edificio in un area esterna, raramente quella di riutilizzare un edificio esistente.[1] Oltre agli uffici, vengono progressivamente decentrate numerose scuole e sedi universitarie quando, all’inizio degli anni ’90, sopraggiunge la stagione dei grandi ipermercati[2], dei contenitori commerciali specializzati, dei cinema multisala… tutte attività molto periferiche, che vengono localizzate a ridosso dei principali assi stradali di scorrimento. Il decentramento dell’ospedale urbano e della Facoltà di Medicina di Monteluce avviene più tardi, a metà degli anni 2000, con la realizzazione di un unico grande polo ospedaliero universitario nella periferia Ovest della città[3]. L’edificazione residenziale si disperde in una miriade di piccoli interventi a bassa densità, in cui la tipologia edilizia più diffusa è quella della villetta unifamiliare, realizzati a ridosso delle tante frazioni e dei borghi rurali che costellano il territorio perugino. Questo processo urbanistico ed insediativo si accompagna alla realizzazione di nuove infrastrutture stradali, progettate per flussi di traffico sempre più intensi e veloci. E’ nel 1985 che viene terminato il nuovo raccordo autostradale che collega l’E 45 Roma – Ravenna con l’autostrada del Sole e che lambisce Perugia a Sud. La “superstrada”, che non ha pedaggio, aggira la città e ne diventa a tutti gli effetti la principale dorsale infrastrutturale.

La seconda stagione della mobilità alternativa

E’ alla metà degli ’90 che di fronte ad una città sempre più estesa e dispersa nel territorio, di fronte ad un centro storico che ha già perduto molte funzioni importanti e con un problema di congestione automobilistica non risolto ma semmai delocalizzato, l’amministrazione locale decide di aggiornare la stagione della “mobilità alternativa”, riproponendola ad una scala più ampia. Preso atto che l’auto è sempre di più il mezzo di trasporto predominante e che la città si è estesa con la conseguenza che i flussi di traffico automobilistico vengono generati sempre più all’esterno, sembra logico impiegare un mezzo di trasporto affine a quello delle scale mobili ma adatto a coprire distanze più lunghe e servire un’area d’influenza maggiore. E’ così che l’Amministrazione Comunale di Perugia inizia nel 2002 la realizzazione di una linea di automatic people mover in ambito urbano che collega i limiti della prima periferia Sud-Ovest della città con il centro storico e che verrà messa in funzione nel gennaio del 2008. Con sette stazioni intermedie e 3 km di lunghezza, la linea utilizza il sistema Minimetrò di Leitner che consente di trasportare 3600 passeggeri l’ora alla velocità massima di 7 metri al secondo. Considerate le distanze, in circa 11 minuti è possibile coprire l’intero tracciato ed accedere in pieno centro storico a partire dalla prima cintura periferica della città, dove viene realizzato un parcheggio in grado di ospitare circa 2.500 auto. Grazie alle vetture da 50 posti che transitano ogni minuto, il Minimetrò è, a tutti gli effetti, un sistema di trasporto continuo, simile alle scale mobili e come queste ultime molto apprezzato da tutte le fasce di utenza. La realizzazione del Minimetrò è inserita in un nuovo Piano della Mobilità (PUM 2008) che prevede anche la realizzazione di una seconda linea di Minimetrò. Entrambe le due linee, quella appena realizzata e di progetto, prevedono una connessione con un servizio ferroviario metropolitano (in parte già realizzato), in grado di estendere ed ampliare il nuovo modello di accessibilità della città. E’ evidente la continuità tecnico-concettuale con gli interventi della prima stagione della “mobilità alternativa”, sia nelle finalità dichiarate – garantire l’accessibilità del centro storico con modalità di trasporto sostenibili – sia nelle misure da adottare – vale a dire la realizzazione di nuove infrastrutture di trasporto pubblico associate alla regolamentazione del traffico automobilistico (sosta a pagamento e una nuova disciplina della Zona a Traffico Limitato). 

Consumi energetici, emissioni atmosferiche ed effetti del Modal Shift: la valutazione svolta dalla Fondazione per lo Sviluppo sostenibile

La Fondazione per lo sviluppo sostenibile nel 2010 ha analizzato le performance energetiche e ambientali del Minimetrò di Perugia, non solo come tecnologia “stand alone”, ma anche per le sue potenzialità di “modal shift”, cioè di trasferimento di quote di traffico dalla strada (auto privata e bus) in ambito urbano. Dal confronto tra i consumi e le emissioni atmosferiche di Minimetrò ed auto in termini di passeggero trasportato da punto a punto, emerge che il Minimetrò di Perugia, pur con un load factor del 13%, offre performance ambientali notevolmente migliori di un’automobile media. Il vantaggio, già evidente per le emissioni di CO2, è ancora più marcato per gli inquinanti atmosferici con impatto locale. Lo studio ha stimato la diversione modale indotta dal Minimetrò attraverso l’utilizzo di una specifica campagna di indagine che integra le indagini già realizzate per la misura della customer satisfaction. Dall’indagine realizzata è stato stimato che su 100 utilizzatori del Minimetrò, 59 precedentemente utilizzavano l’autobus e 35 l’automobile. L’analisi dell’utilizzo del Minimetrò mette in luce diversi aspetti singolari: il Minimetrò non viene utilizzato prevalentemente né nelle ore di punta (a Perugia la fascia tra le 7 e le 9 del mattino) né per lo svolgimento degli spostamenti cosiddetti sistematici (casa-lavoro e casa-studio). Una percentuale molto alta, pari al 29%, utilizza il Minimetro 1 o 2 volte alla settimana e del 21%, 3 o 4 volte. Le motivazioni dello spostamento confermano questo aspetto: il Minimetrò viene utilizzato anche per scopi diversi dall’andare al lavoro: lo si usa per fare una commissione, per raggiungere il centro storico per fare una passeggiata o degli acquisti, lo si usa addirittura per il solo piacere di percorrere il suo tracciato. Il 47% di chi utilizza il Minimetrò dispone di un mezzo proprio, dimostrando che questo sistema di trasporto pubblico, contrariamente all’autobus, è estremamente efficace per “scendere” dall’auto ed utilizzare un mezzo di trasporto in comune.

Allargare lo sguardo

Allargando il campo d’indagine, dalle performance del Minimetrò agli effetti complessivi che l’introduzione di questo nuovo mezzo di trasporto pubblico ha comportato a livello locale, i risultati non sono altrettanto positivi. Innanzitutto il bilancio complessivo delle emissioni è aumentato. Se su un piatto della bilancia mettiamo le emissioni totali del 2009 prodotte dal nuovo mezzo di trasporto e sull’altro piatto invece pesiamo la riduzione dovuta alle minori percorrenze di autobus ed auto grazie al Minimetrò, si registra un aumento complessivo delle emissioni annue in atmosfera. Il numero di passeggeri trasportati è poi inferiore alle previsioni: una media di circa 10.000 passeggeri giorno contro i 18.000 previsti[4]. Questo aspetto non solo implica che gli effetti positivi del modal shift siano modesti ma sottolineano che il miglioramento dell’accessibilità del centro storico non è stato un obiettivo raggiunto. Come visibile dal grafico sottostante che riporta la quantità annuale dei passeggeri trasportati dall’insieme dei sistemi di trasporto realizzati per accedere al centro storico tra il 1983 al 2012 (scale mobili, ascensori e Minimetrò), l’aumento dell’offerta di trasporto, realizzata dal Minimetrò a partire dal 2008, non ha prodotto un incremento complessivo dei passeggeri trasportati dall’insieme dei sistemi alternativi, così come si era riusciti nel passato[5].

Passeggeri annui trasportati da i diversi sistemi di trasporto ettometrico di Perugia
Passeggeri annui trasportati da i diversi sistemi di trasporto ettometrico di Perugia

  Quanto agli indicatori complessivi di performance del sistema della mobilità perugina nel suo complesso[6] quali la ripartizione percentuale tra trasporto pubblico e privato o la diffusione della mobilità ciclistica, Perugia presenta valori peggiori o in linea con la media nazionale. Il tasso di motorizzazione del Comune di Perugia è tra i più alti in Italia e gli indicatori d’impatto della mobilità (quali per esempio i giorni e/o le ore in cui sono state registrate delle concentrazioni di inquinanti locali superiori alla norma o i consumi di carburante pro capite) non vedono Perugia con valori migliori della media rispetto al panorama delle città italiane, anzi.

Un bilancio (ad oggi)

Dai tardi anni ‘70 alla fine degli anni 2000, a Perugia convivono due politiche d’intervento e di sviluppo di segno contrario:

  • la prima che promuove l’accessibilità della città storica attraverso una linea d’azione che oggi definiremmo di avoid-shift che ha come misure d’intervento la realizzazione di infrastrutture di mobilità alternativa, lo sviluppo del trasporto pubblico e la limitazione dell’uso delle auto;
  • la seconda che promuove il decentramento urbanistico e la realizzazione di una rete stradale funzionale a questo scopo.

Entrambe le linee si fondano sul ruolo determinante dell’intervento pubblico e sono promosse e sostenute dalle principali istituzioni locali e statali attraverso piani di settore, investimenti ed opere infrastrutturali, anche di grande rilievo. La classe dirigente che agisce nel contesto politico, istituzionale, imprenditoriale di Perugia in questi ultimi tre decenni percepisce queste due politiche come parte integrante di un unico disegno di modernizzazione, non cogliendone le contraddizioni latenti. Si ritiene infatti che sia possibile conferire alle diverse parti della città vocazioni diverse: una parte storica e centrale dove si concentra la fruizione culturale, il commercio di qualità, le sedi rappresentative delle diverse istituzioni pubbliche e private ed una parte “moderna” ed esterna dove far accadere tutto il resto. I modelli di accessibilità e mobilità seguono questo dualismo: da una parte la città moderna dove le automobili sono benvenute e dall’altra la città storica in cui sono bandite. Gli effetti di queste strategie d’intervento così divergenti tardano a farsi sentire, muovendosi sottotraccia per decenni. Quando alla fine degli anni ’90, con la decisione di realizzare il Minimetrò, il Comune intende riproporre la formula di successo delle scale mobili alla Rocca Paolina, questa possibilità non è più nelle cose, perché l’assetto complessivo della città è completamente cambiato. Mentre alla fine degli anni ’70 le scale mobili ed i parcheggi intorno alle mura costituivano un modello di trasporto innovativo ma pur sempre per soddisfare l’antica necessità di accedere al centro della città, il Minimetrò fa capolino quando è ormai venuta a mancare quest’esigenza. La città nuova infatti si è dispersa nel territorio e nel centro della città oramai non restano che una parte residuale delle funzioni urbane principali. Anche di fronte ad un sistema di trasporto efficace e sostenibile, finalizzato proprio a garantire l’accessibilità delle parti centrali della città, è venuto meno il motivo per cui accedere quotidianamente a questa parte della città. Gli stili di vita e di consumo, come l’organizzazione del lavoro e i modelli produttivi e distributivi sono oramai cambiati: emerge con chiarezza che la “modernità” di Perugia ha un solo volto, quello di molte altre città italiane, che non lascia spazio ad un proprio e specifico modello di mobilità, complementare a quello dominante dell’auto. Almeno per ora.

Una riflessione finale ma certo non conclusiva

Questo intervento utilizza Perugia come caso di studio e momento di riflessione. Le dinamiche urbane qui evocate, per esempio il decentramento funzionale e il cosiddetto urban sprawl, sono rappresentative di una tendenza generale che riguarda molte città italiane ed europee. Ciò che colpisce a Perugia, rispetto ad altri centri italiani, è il paradosso di avere investito molto, e in anticipo sui tempi, nel campo della mobilità sostenibile per poi trovarsi, trent’anni dopo, in condizioni simili rispetto da altre realtà urbane in cui invece poco o nulla è stato fatto in questo campo. Ciò che è possibile imparare da questa esperienza, in cui sia gli esiti che le interpretazioni sono comunque in continuo divenire, è che i maggiori ostacoli per la realizzazione di una città sostenibile si concentrano nell’incapacità di sviluppare strategie d’intervento organiche, integrate e coerenti. Il paradigma della sostenibilità implica necessariamente un approccio olistico, in cui le politiche debbano essere ricondotte ad un’unica visione condivisa. In questo senso appare necessario, certo non sufficiente, far partecipare di più, meglio e per davvero la comunità cittadina nella definizione degli obiettivi, delle priorità e delle misure d’intervento, evitando approcci tecnicisti che presto o tardi si rivelano inconsistenti.



[1] In realtà vi sono alcune eccezioni e tra queste va segnalata quella della ristrutturazione del Palazzo del Capitano del Popolo e dello “Studium Urbis” per ampliare la sede del tribunale. Il Palazzo di Giustizia insieme con le sedi dell’amministrazione comunale e le sedi delle facoltà umanistiche sono ancora oggi le principali attività direzionali presenti nel contro storico. Quanto in questo processo di delocalizzazione abbiano contato le stringenti norme per la tutela del patrimonio architettonico del Centro Storico è un tema di dibattito ancora aperto. Senza dubbio, la ridotta accessibilità all’auto delle parti centrali della città hanno avuto un ruolo determinante.
[2] A Perugia il primo e più importante Ipercoop viene realizzato su aree appartenenti ad un ente comunale, al limite del confine del Comune, all’incrocio tra la E 45 e la SS 75 Centrale Umbra
[3] E’ impressionane oggi contare gli ettari dedicati a parcheggio intorno al Nuovo Ospedale della Misericordia…
[4] PUM 2008
[5] Non è evidente quale sia il contributo della complessiva caduta della domanda di trasporto in Italia che si è registrata dopo il 2010-2011 a causa della recessione. Non si dispongono infatti dei dati relativi all’andamento del traffico automobilistico per questi ultimi cinque anni né dati relativi alla domanda di trasporto degli autobus. Quello che è possibile annotare è che la domanda di trasporto passeggeri stimata a livello nazionale inizia a decrescere dopo il 2010-11.
[6] Si rinvia alla consultazione dei dati forniti da Istat ed Ispra sulla qualità dei sistemi urbani, degli indicatori di Euromobility, della fase analitica del PUM 2008 di Perugia, dei dati sulla vendita dei carburanti forniti da Unione Petrolifera, dei dati sulle immatricolazioni di auto fornite da ACI.
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